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4 / Una vetrina di via del Corso

In quel tiepido pomeriggio di settembre Marion Michael, appena tornata da una vacanza di tre settimane in Grecia sulla barca di amici, stava guardando la vetrina di un negozio di scarpe all'inizio di via del Corso. Portava un abitino corto e leggero di cotone rosa che faceva spiccare la sua perfetta abbronzatura, aveva appena un'ombra di trucco e i suoi capelli erano lunghi e biondissimi, schiariti dal sole in una serie di mèches.
La vetrina era piena di sandali colorati e dal tacco molto alto e Marion, dopo aver dato un'occhiata alle sue chanel bianche dai tacchi di dieci centimetri, si era avvicinata per guardare meglio quei sandali che sembravano ideali per gli abiti da sera dell'estate, anche se camminarci sopra sarebbe stato faticoso.
Avevano tutti dei tacchi a spillo alti due o tre centimetri più dei suoi, e mentre scrutava la vetrina alla ricerca di un modello che le piacesse più degli altri intravvide nel cristallo, accanto a sé, la sagoma riflessa di un’altra donna. Girò lo sguardo e restò incantata a fissarla. Era giovane e bellissima, sui ventitre anni, i lunghi capelli lisci che incorniciavano un volto affascinante e sicuro di sé nel quale spiccavano due occhi profondi e verdi come smeraldi e due labbra rosse e sfrontate.
Le gambe lunghe e nervose della donna spuntavano da una microscopica e attillata mini-gonna di daino beige che lasciava ben poco all'immaginazione, e poggiavano su un paio di sandali neri lucidissimi, con i cinturini che si allacciavano intorno alla caviglia, dai tacchi ancora più alti di quelli schierati in vetrina. La caviglia sinistra era circondata da un sottile e lucente braccialetto d'oro, abbastanza stretto da reggersi quasi un centimetro più in su del cinturino del sandalo.
Sopra la minigonna indossava un top di daino scollatissimo che le lasciava nude le braccia, le spalle e gran parte della schiena, e il completo era stretto in vita da una lucida cinta di pelle nera. Sul braccio aveva un giacchino di daino uguale all'abito, morbido e leggero, i suoi polsi erano circondati da un gran numero di braccialetti e catene d'oro, e le lunghe unghie delle mani, come quelle dei piedi, erano accuratamente laccate di un rosso acceso e brillante.
Attraverso il leggero strato di daino i capezzoli della donna premevano contro il top come se volessero bucarlo, e Marion si accorse che la loro vista la eccitava al punto che anche i suoi diventavano turgidi e durissimi. La sconosciuta si voltò appena verso Marion, e quando notò che lei la stava guardando le sorrise con un'aria di complicità.
"Carini, no? Andiamo a provarli", disse indicando i sandali in vetrina. Marion rispose al sorriso e fece cenno di sì con la testa. La bruna si mosse decisa verso l'interno del negozio e due enormi orecchini d'oro spuntarono dalla massa dei capelli riflettendo in uno scintil-lìo fugace le luci della vetrina. Marion la seguì, e non potè fare a meno di abbassare lo sguardo verso i suoi polpacci affusolati e resi ancora più slanciati dagli altissimi tacchi.
Le due fossette che segnavano la parte posteriore delle ginocchia pulsavano a ogni passo sotto la pelle liscia e abbronzatissima, e le sue lunghe cosce sembravano diventare ancora più sode tutte le volte che il movimento e l’altezza dei tacchi a spillo facevano indurire i muscoli.

Le due donne si sedettero una accanto all'altra accavallando le gambe nello stesso modo, si fissarono un attimo e poi risero insieme, con allegria. "Io mi chiamo Kiki St. Germain", disse la bruna tendendo la mano.
"E io sono Marion Michael", rispose la bionda stringendola e notando che sul polso destro, appena coperta da un pesante bracciale d'oro alto e levigato, c'era una piccola rosa rossa finemente tatuata. Le due mani rimasero allacciate qualche istante più del necessario, poi le due donne si guardarono intorno, videro le commesse impegnate con altra gente e cominciarono a chiacchierare.
Fu Kiki a parlare per prima, mentre le sue dita si protendevano verso il piede destro e sfioravano la caviglia accarezzando un tatuaggio sul lato esterno del piede, appena sotto al malleolo, che Marion, essendo stata sempre sulla sinistra di Kiki, non aveva notato: un piccolo serpente verde e blu, con il dorso venato di turchese e la lingua scarlatta che saettava dalla bocca socchiusa.
"Adoro i tacchi alti, per me sono come una malattia, e questo è uno dei pochi negozi di Roma un po' forniti. Niente di straordinario, ma in mancanza di meglio...", disse Kiki.
Marion ammirò gli stupendi sandali neri dagli  altissimi tacchi a spillo e li indicò. "Li hai comprati qui?", chiese.
Kiki scosse la testa e allungò una gamba, inarcando la caviglia e osservando soddisfatta i suoi piedi e le sue caviglie snelle circondate dai cinturini lucenti. "No, così alti qui non li hanno. Li ho trovati in un negozio di Parigi. Provali, dovrebbero andarti bene. Io porto il trentotto, e tu?".
"Anch'io", rispose Marion mentre Kiki slacciava i cinturini e le porgeva i sandali.
La bionda li calzò e li allacciò, ma appena si alzò in piedi si sentì improvvisamente instabile e quasi cadde in avanti. Kiki le afferrò una mano offrendole un appoggio.
"Non ti preoccupare, basta poco per abituarsi. Non stare rigida, rilassati e lascia che le tue caviglie trovino da sole la posizione giusta", sorrise.
Marion si mosse con cautela, inspirò profondamente e sentì che tutto il suo corpo, non solo le caviglie e i polpacci, si adattava a quella posizione nuova e insolita. Lasciò la mano di Kiki, si mosse e man mano che passo dopo passo prendeva confidenza con quei tacchi così alti sentì lievitare dentro di sé una strana eccitazione.
Le due donne risero di nuovo appena Marion, dopo un paio di minuti, volteggiò sicura sui sandali ammirandosi nello specchio le gambe tese e slanciate, e ridevano ancora quando, un'ora più tardi, uscirono dal negozio ciascuna con due grosse buste piene di scatole.

"Hai visto che alla fine qualcosa l'abbiamo trovata?", disse Marion, ancheggiando sui sandali color cuoio dai tacchi alti dodici centimetri e mezzo che aveva voluto indossare subito.
Kiki la guardò con aria di complicità. "Certo, e anche i decolleté neri e i sandali di pitone che hai preso sono molto carini. Ma in Inghilterra si trova ancora di meglio. Io il mese scorso ho comprato delle scarpe incredibili. Se non hai niente da fare più tardi vieni a prendere un tè a casa mia, così ti faccio vedere che cosa ho trovato. Ti va?".
"Perché no?", rispose Marion.
"Prima però facciamo un salto in un negozio che conosco. Ho visto dei tailleur di pelle niente male", disse Kiki. E si avviò, sicura sui suoi sandali altissimi, mentre Marion la seguiva e la gente, per strada, si girava a guardarle chiedendosi chi fossero quelle due bellissime e giovani donne così sexy e con quell'elegante aria da puttane di gran lusso.
 

Nella boutique di via Due Macelli Kiki e Marion scelsero una decina di tailleur di morbida pelle di varii colori, dalla gonna stretta e corta e dalla giacca attillata, e andarono in un camerino per provarli. Quando Kiki tirò la tenda e si sfilò la parte superiore del completo di daino, Marion restò con la bocca aperta per la sorpresa.
Kiki non portava reggiseno, e dai suoi capezzoli, che incoronavano i seni rotondi e perfetti, pendevano due anelli d'oro di circa due centimetri di diametro, che penetravano nella carne come se fossero un paio di orecchini.
Kiki si accorse che Marion la fissava ammutolita, e sorrise come se avesse vissuto quel-l'istante già moltissime volte.
"Carini, vero? Li ho visti l'anno scorso a Los Angeles a una mia amica e così me li sono fatti mettere anch'io. Guarda, non si possono levare: sono stati saldati dopo che mi hanno forato i capezzoli, e il giorno in cui non li vorrò più dovrò far segare il metallo per toglierli", disse con noncuranza, e fece ruotare uno degli anelli in modo che se ne vedesse bene la superficie liscia e senza giunture.
Le sue dita dalle unghie laccate fecero lentamente girare l'anello di 360 gradi e accarezzarono lascivamente il capezzolo inturgidito.
Poi Kiki fece un passo indietro finché le sue spalle toccarono lo specchio del camerino, allargò un po’ le gambe per poggiare meglio sui tacchi, quindi infilò gli indici in entrambi gli anelli e li alzò in alto allontanandoli dal corpo, tirando in modo che i seni si sollevassero e si protendessero all'insù, finché Marion temette che se Kiki avesse tirato ancora la sua carne si sarebbe lacerata.
Kiki le sorrise orgogliosa. "Mica male, vero?", disse trattenendo il respiro.
"Direi proprio di no", mormorò Marion sospirando eccitata.
 

Kiki sfilò all'improvviso le dita dai due anelli e i seni alti e sodi sobbalzarono tornando alla loro posizione naturale, mentre gli anelli oscillavano lievemente sotto gli occhi stupefatti di Marion. Poi Kiki, con un sorriso, aprì la piccola lampo della minigonna di daino e ancheggiando fece scivolare in terra il microscopico indumento.
Sotto la gonna Kiki era praticamente nuda, tranne che per una catenina d'oro che le circondava la vita, liscia e piatta come il braccialetto che le cingeva la caviglia, e un minuscolo triangolino di seta nera che, completamente privo di stringhe, le copriva appena il pube aderendo all'inguine come se fosse incollato.
"E quello?", sussurrò Marion sempre più turbata.
"Oh, l'ho trovato in una boutique di Hollywood. Lo usano le ballerine di strip-tease, ed è perfetto da indossare sotto le gonne molto leggere come questa perché non ha stringhe e quindi non segna i fianchi, anche se a volte trovo molto sexy che sotto la gonna si vedano i segni dei lacci di un tanga".
"Ma come fa a reggersi?", domandò Marion.
"Ha una leggera intelaiatura interna a molla. Guarda". Kiki si girò di spalle, appoggiò le braccia sullo specchio, protese il busto in avanti finché i seni toccarono la superficie del cristallo e Marion sentì gli anelli tintinnare leggermente contro il vetro, poi allontanò le gambe dallo specchio inarcando la schiena e mostrando le natiche a Marion.
Dal solco fra i glutei spuntava la parte posteriore dell'insolito slip. Era una linguetta rigida, stretta un centimetro e mezzo e rivestita di seta nera, che aderiva al corpo premendo sulla pelle e s'interrompeva all'altezza dell'osso sacro: una specie di molla a forma di U che anteriormente poggiava sul monte di Venere e poi, penetrando nell'inguine, risaliva sul dietro passando nello spacco fra i glutei.
Kiki infilò un dito nel solco fra le natiche e scostò appena la linguetta, mostrandone l'elasticità che la faceva restare aderente. "Vedi? E' semplice", disse, e poi si girò di nuovo verso Marion, con aria noncurante.
"Dai, spogliati anche tu e vediamo come ci stanno questi tailleur", esclamò prendendone uno di pelle color panna e cominciando ad indossarlo.
Marion si sfilò dalla testa l'abito aderente di maglina rosa, mentre Kiki la guardava con la coda dell'occhio e scopriva che la bionda aveva un corpo splendido, abbronzato integralmente, e sotto il vestito portava soltanto un piccolo tanga color panna trattenuto da un cordoncino che passava intorno alla vita e scendeva a V fra i glutei.
Marion scelse un tailleur rosso, e dovette sculettare un bel po' per infilarsi la gonna corta e con lo spacco sul di dietro.
"E' troppo stretto", disse trattenendo il respiro per chiudere la lampo.
"Macché, va benissimo così. Perché gli abiti siano sexy devi sempre prenderli di due misure più piccoli della tua. Guarda me", rispose Kiki facendo una piroetta nel suo aderentissimo tailleur panna e scostando la tenda con un colpo della mano.
La luce del negozio inondò il camerino e Marion, che indossava solo la minigonna, vide un paio di persone che scrutavano veloci i suoi seni nudi. Per la prima volta nella sua vita, invece di girarsi di spalle, offrì meglio il suo corpo alle occhiate della gente e sentì i capezzoli che s'inturgidivano e il sesso che cominciava a bagnarsi.
Sotto lo sguardo di Kiki indossò anche la giacca del tailleur di sottile pelle rossa e fremette quando la fodera di seta le accarezzò i capezzoli che dopo tutte quelle sorprese erano diventati duri come la pietra.
Sentì una mano di Kiki che la accarezzava sul fianco, la sua voce che le diceva "Ti sta benissimo, prendilo, e prendine anche uno di nappa nera, come farò io", ed ebbe un brivido. Si mosse per andare verso lo specchio subito fuori del camerino e appena lasciò la moquette del piccolo stanzino e poggiò il piede sul pavimento di marmo del negozio i tacchi dei nuovi sandali color cuoio le fecero inarcare le caviglie.
Si sentì felice e bella come non era mai stata, e pensò che le sarebbe piaciuto molto diventare come Kiki, che ritta sui tacchi altissimi, con il seno che prorompeva dall'allacciatura della giacca troppo piccola per imprigionarli, le strizzò impercettibilmente l'occhio mentre si ammirava nel grande specchio e i clienti e le commesse della boutique non avevano occhi che per loro due...
 
(continua)
 
 
 

 
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